RAFAEL MORENO ARANZADI

semplicemente PICHICHI

Storia di una leggenda immortale


L'articolo e' stato pubblicato sulla pagina FB Euskal Futbola - il Calcio Basco il 21 novembre 2023


Se dovessi rispondere alla domanda: “quale giocatore dell’Athletic di tutti i tempi sarà sempre ricordato nel mondo calcistico?” non avrei alcuna esitazione ed esclamerei: Pichichi!

All'anagrafe Rafael Moreno Aranzadi, nasce a Bilbao 23 maggio 1892, in pieno Casco Viejo. Figlio di Joaquin Moreno (avvocato e sindaco della città per tre mesi nel 1896) e Dalmazia Aranzadi, ma soprattutto pronipote di Miguel de Unamuno, uno dei più grandi intellettuali dell’epoca e che segnò un’intera generazione non solo in Euskadi, ma nell’intera Spagna.

La famiglia aveva previsto per lui una carriera accademica e lo aveva educato in questo senso, ma alla fine il suo innato talento per il gioco del calcio prevalse su tutto il resto.

Rafael imparò a giocare a futbol da piccolo con suo fratello maggiore Raimundo, il quale aveva a sua volta appreso le basi del gioco durante la sua permanenza universitaria in Inghilterra e gli insegnò alcuni trucchetti. Rafael e Raimundo disputarono innumerevoli partite sia presso il collegio religioso di Bilbao (los Escalopios) e, successivamente, altre sfidando i marinai inglesi alla Campa de los ingleses, in uno spiazzo erboso dove ora sorge il museo Guggenheim. Proprio durante queste sfide ricevette il soprannome di “Pichichi”, che lo accompagnò per tutta la vita. Come abbiamo ricordato in altre occasioni su questa pagina, bisogna tenere a mente che all'epoca quello biscaglino era il primo porto per gli scambi commerciali tra Spagna e l’isola britannica; per tale ragione, non era affatto raro che i marinai rimanessero in città per alcuni giorni e, per occupare il tempo libero, organizzassero partite di football. A Bilbao e in tutti i Paesi Baschi il calcio divenne così sin da subito concorrente della pelota, il vero sport nazionale basco.



Rafael affinò proprio in queste circostanze la sua tecnica nel dribbling, che gli permise di avere subito un impatto devastante nel gioco. Le sue qualità fisiche non erano poi così eccellenti: parliamo di un uomo di medio-bassa statura (era altro poco più di un metro e mezzo) e con un corpo minuto, ma velocissimo e in possesso di un controllo di palla, almeno per l’epoca, fuori dal comune. A tal proposito, il Mundo Deportivo scrisse che «non erano sufficienti quattro persone per fermarlo». Uno dei trucchi che usava, sui calci d’angolo, era quello di accovacciarsi per far finta di allacciarsi le scarpe, riuscendo così spesso a eludere i difensori. Vista la scarsità della comunicazione di allora, questo trucco gli riuscì parecchie volte.



Dedicò la sua intera carriera all’Athletic Club. Dopo alcune amichevoli, esordì ufficialmente nel 1913 in una partita di Copa del Rey contro il Real Madrid e gli bastarono giusto undici minuti per mettere da parte l'emozione e segnare una doppietta. In tutto mise a segno 83 reti tra Campionato del Norte (ancora non esisteva la Liga) e Copa del Rey, segnature che salgono a 101 tenendo conto delle partite amichevoli. Chiuse sempre con una doppietta, in una amichevole disputata nel 1922 contro l'Erandio. Tra le reti da ricordare, ci sono sicuramente il primo gol ufficiale segnato al vecchio San Mamés (eretto nel 1913), contro il Racing di Irun e quello della partita inaugurale di Atocha, in un derby contro la Real Sociedad finito 3-3. Nel suo palmarès figurano cinque Campionati del Norte e quattro Copa del Rey (1914, 1915, 1916 e 1921); leggendaria fu soprattutto la sua prestazione nella finale del 1915 contro l’Espanyol, dove Pichichi segnò tre gol e mise a referto due assist, entrando così in tutte le marcature del 5-0 finale.

In campo era facile notarlo poiché, al pari del compagno di squadra Belauste, giocava con una bandana bianca in testa, tipo mondina, con quattro nodi per tenerla ferma e che diventerà una moda per i giocatori baschi dell’epoca. Forse era un modo per sopportare la 𝑙𝑙𝑢𝑣𝑖𝑎 che spesso scende copiosa a Bilbao?



Rafael Moreno Aranzadi è da considerarsi la prima stella del calcio spagnolo. Fece parte del primo undici della nazionale spagnola in una partita ufficiale, contro la Danimarca ai giochi olimpici di Anversa, nel 1920. Una nazionale a fortissime tinte basche (15 baschi sui 19 convocati), le cui uniche eccezioni di rilievo erano due catalani, l'attaccante Josep Samitier e soprattutto il leggendario portiere Ricardo Zamora, al quale è ancora oggi intitolato il premio assegnato al portiere della Liga meno battuto.

Parlando di premi, il titolo di capocannoniere della Liga si intitola invece “Trofeo Pichichi”, grazie all'idea partorita nel 1953 da Lucio del Alamo, ex direttore di Marca. Nel 2014 la RAE, dizionario della lingua spagnola, introdusse la parola Pichichi: “nel calcio, il giocatore che segna più gol durante la Liga spagnola e, per estensione, goleador”. Lionel Messi è il leader del trofeo “Pichichi” essendo stato per otto volte capocannoniere della Liga. A seguire troviamo Telmo Zarra con sei titoli (fu peraltro il primo a vincerlo) e poi Di Stefano, Quini e Hugo Sanchez con cinque.

Tornando a quelle Olimpiadi e sebbene il suo apporto fu determinante in ogni singolo match, gli almanacchi riportano che Rafael andò a segno solo nella finale per l’argento contro i Paesi Bassi; questa partita era in realtà valevole per il terzo posto ma, a causa l’esclusione da parte del comitato olimpico della Cecoslovacchia dopo la finale contro il Belgio, tutte le squadre, partendo proprio dalla Spagna, guadagnarono una posizione nella classifica finale.

Qualche anno prima delle Olimpiadi e precisamente nel 1918, Rafael Moreno fu campione biscaglino di... lancio del giavellotto. Quando si dice “uno sportivo a 360 gradi”!


Tela di Aurelio Arteta del 1920 "idilio en los campo se sport" Pichichi con la sua futura moglie, Avelina Rodriguez.


A 29 anni decise di smettere di giocare a calcio, ritirandosi prematuramente rispetto ad altri giocatori di quel periodo. Questa decisione pare sia maturata nella testa di Rafael quando, dopo essere stato acclamato per anni dal pubblico bilbaino, ricevette aspre critiche per una brutta prestazione contro lo Sparta Praga. Comunque non lasciò del tutto il mondo del calcio e anzi, il suo amore per il gioco lo portò ad intraprendere subito la carriera di arbitro. La sua prima partita arbitrata? Oviedo contro… Athletic Club!

Purtroppo morì appena dopo i 30 anni, probabilmente per una febbre tifoide causata da una partita andata a male di ostriche; morte giunta sicuramente troppo presto ed in maniera troppo brusca. Ma questa sua dipartita prematura lo fece diventare un mito e si iniziò ad inneggiare alla sua leggenda.

È stato il primo giocatore icona dei Los Leones al quale l’Athletic ha eretto una statua in suo onore, per l’esattezza un busto. L’idea venne a Ricardo Irezabal Goti, presidente dell’Athletic Club tra il 1919 e il 1926, che la propose alla giunta generale, che a sua volta la approvò all’unanimità come segno di riconoscenza. La richiesta venne invece commissionata all’artista Quintin de Torre Berasategui e il busto di bronzo venne posizionato nelle stanze del San Mamés già nel 1926. Questa statua si trovava inizialmente nella grada de la Misericordia, la tribuna principale del vecchio San Mamés ma, con la costruzione del nuovo stadio, il San Mamés Barria, il busto di Pichichi è stato collocato a bordocampo, all’uscita del tunnel degli spogliatoi, in modo che anche lui possa vedere le gesta dei suoi successori.



È tradizione che, quando una squadra avversaria giochi per la prima volta al San Mamés, il capitano dell’Athletic accompagni il capitano ospite e il suo omaggio floreale davanti al busto di Rafael Moreno Aranzadi. Le radici di questa tradizione si possono ricercare nell'omaggio effettuato da parte del MTK Budapest il 1° gennaio 1927 e nel marzo del 1924, quando il busto non c'era ancora e i calciatori del Haro Sport Club depositarono un mazzo di fiori davanti ad un quadro raffigurante Pichichi, in occasione di una partita tra la squadra rijoana e le riserve dell'Athletic Club. Ad oggi, gli omaggi prestati a Pichichi superano le 200 volte. Oltre a questo, vale sicuramente la pena ricordare che una delle strade che porta al San Mamés è intitolata a lui.

Questo onore capitò anche a Raúl González Blanco, storico campione e capitano del Real Madrid, quando vestiva la maglia dei tedeschi dello Schalke 04, in occasione dei quarti di finale di Europa League della stagione 2014/15. Accompagnato dal capitano dell’Athletic di quella serata e cioé Andoni Iraola, Raúl depositò il classico mazzo di fiori e scambiò i convenevoli con la dirigenza bilbaina. Intervistato in merito dopo la partita, Raúl raccontò: «e’ stato un momento speciale per me, poter rendere omaggio ad un mito del calcio iberico». In poche parole, un avversario di mille battaglie esprimeva tutta la sua ammirazione con un semplice gesto, sia all’Athletic Club che ad un campione del passato.



Chiudiamo facendo un rapido accenno della Fondazione Pichichi. Fondata nel 2015 e presieduta da suo nipote, la fondazione nasce per «restituire alla società qualcosa di ciò che essa ha dato a Pichichi, ricordandoglielo in modo permanente» e con l'obiettivo di raccogliere fondi per aiutare le persone più vulnerabili, in particolare ragazzi e ragazze, in modo che «il nome Pichichi possa assumere una nuova dimensione». Ecco a cosa servono le leggende!


Autore: Lodovico Monoli

Fonti: Simone Bertelegni “L’utopia calcistica dell’Athletic Bilbao” – abc.es - marca.es- AS.com: l’articolo di Marta Griñan “cien años de la muerte de Pichichi, el origen del mito”