JOSÉ FRANCISCO "TXETXU" ROJO ARROITIA

Il Mozart del calcio basco


L'articolo e' stato pubblicato sulla pagina FB Euskal Futbola - il Calcio Basco il 13 dicembre 2023


Il soprannome “Mozart” è spesso stato utilizzato nel mondo dello sport, soprattutto per riferirsi ad atleti giovanissimi e dotati di grazia, eleganza e qualità tecniche sopra la media. Alcuni famosi esempi sono: il compianto cestista croato Drazen Petrovic, che già all’età di 19 anni trascinò il piccolo Sibernik alla finale di Coppa Korac e l’anno successivo, con il Cibona Zagabria, vinse il campionato registrando una media di 43,3 punti ad allacciata di scarpe e la Coppa Campioni; oppure Mikaela Shiffrin, sciatrice statunitense, capace di vincere in Coppa del Mondo uno slalom speciale già a 16 anni. Nei paesi baschi, tale soprannome fu assegnato a José Francisco “Txetxu” Rojo da Carmelo Bernaola, compositore e clarinettista di Otxandio, in omaggio alla sua straordinaria classe e impareggiabile eleganza. Mancino naturale ma capace di usare entrambi i piedi, dalle sue giocate uscivano cross e passaggi estremamente precisi per gli attaccanti. Il suo stile diventò di culto tra gli appassionati e rispondeva all’archetipo del giocatore dalla creatività anarchica.



Nato nel quartiere bilbaino di Begoña il 28 gennaio 1947, fu adocchiato già da ragazzino da Jamie Olaso, presidente dell’Indautxu e grande scopritore di talenti. Dopo un breve passaggio al Firestone, modesto club in cui iniziò a farsi notare nei vari tornei giovanili, L’Athletic decise di portarlo a Lezama. Dopo una singola annata nelle giovanili biancorosse, nel 1965 una vecchia leggenda come Agustín “Piru” Gainza lo fece esordire a 19 anni, in un match contro il Cordoba. Curiosamente i due giocavano proprio nella stessa posizione, quella di esterno sinistro. Gainza stesso lo celebrò dicendo: «ai miei tempo sarebbe stato il miglior giocatore del mondo!». Il "dorsal" 11 aveva trovato il nuovo proprietario.



in piedi: Iribar, Saez, Etxebarria, Aranguren, Igartua e Larrauri

accovacciati: Ortuondo Villar Arieta Uriarte e Rojo


Fernando “Nando” Gonzalez Balenciaga, ex zurrigorri, durante una telecronaca disse invece: «gioca sempre a testa alta, come un gallo, senza mai guardare la palla». Giocatore tremendamente bello da ammirare ma con un carattere forte e deciso, Txetxu ebbe qualche scontro con una parte del tifo locale, che gli rinfacciava di giocare solo quando ne aveva voglia. A riguardo, Txetxu dichiarò stizzito: “se al pubblico non piace come gioco, smetto di giocare”. Per fortuna non lo fece! Anche la stampa scambiò sovente per arroganza la sua infinita fiducia in sé stesso. La sua passione per il calcio era smisurata; suo padre raccontò che, dopo le sconfitte, faceva fatica ad addormentarsi e rimuginava continuamente su come migliorarsi.

Nel 1969 vinse il suo primo trofeo con l’Athletic, la Copa, che all’epoca era del Generalisimo e non del Rey, in finale contro l’Elche. Pochi mesi prima Txetxu aveva anche debuttato con la nazionale spagnola occasione di una amichevole contro la Svizzera, che ne sancì lo status come uno dei giocatori più forti nel panorama calcistico. Con le Furie Rosse giocò in totale 18 incontri, conditi da 3 gol.



Nel febbraio del 1971 esordì nell'Athletic anche suo fratello José Angel, di un anno più giovane, proprio mentre Txetxu era assente per infortunio. Visto che entrambi portavano lo stesso cognome, Txetxu fu da quel momento Rojo I, mentre José Angel fu Rojo II. Per giocare una partita ufficiale insieme, invece, dovettero aspettare la prima di campionato dell’anno successivo: una brutta sconfitta al San Mamés contro il Las Palmas.

Il 29 di giugno del 1973, al Vicente Calderon di Madrid, Txetxu Rojo e compagni batterono il Castellón di un giovane Del Bosque per 2 a 0, coi gol di Arieta e Zubiaga e conquistano la ventiduesima coppa della storia dell’Athletic. Per Rojo si trattava del secondo successo e, purtroppo, anche dell'ultimo.

Uno dei maggiori beneficiari della classe e degli assist al bacio di Rojo I fu Carlos Ruiz che, nella stagione 1974/75, segnò con una continuità tale da vincere il titolo di capocannoniere.

Nella stagione 1976/77, l’Athletic guidato da Koldo Augirre arrivò terzo in campionato e raggiunse ben due finali: Copa del Rey e, soprattutto, Coppa UEFA.



Durante gli ottavi di finale contro il Milan di Marchioro e dopo una netta vittoria per 4-1 a Bilbao, al ritorno i rossoneri erano stati capaci di ribaltare tutto e, al minuto 83, si trovavano avanti per 3-0. L'Athletic sembrava ormai spacciato ma fu proprio in quel momento che Francisco Rojo si prese la squadra sulle spalle e cambiò la partita. Giuseppe Sabadini, terzino del Milan di allora, ricorda la giocata chiave di Txetxu: «c’era una punizione a nostro favore nella meta’ campo sulla sinistra. Bigon, invece di battere verso la bandierina avversaria, decise di passarla indietro ad Albertosi che, invece di prende la palla con le mani, che all’epoca era possibile, la gioco subito su di me. Purtroppo, Roko era alle mie spalle, mi rubò il pallone e si involò sulla sinistra. Lo recuperai in velocità e lui, tecnicamente molto forte, tagliò in area e si allungò un po’ il pallone. Bigon aveva recuperato e , in scivolata toccò la palla senza prendere Rojo, che si buttò a pesce ingannando l’arbitro, che concesse un rigore inesistente». Madariaga trasformò quel penalty spiazzando Albertosi e l’Athletic si qualificò al turno successivo.



Nei quarti l’Athletic sconfisse a sorpresa il Bacelona di Neeskens e Cruyff, vincendo 2-1 in casa e impattando 2-2 al Camp Nou. In semifinale i Los Leones ebbero invece la meglio sulla formazione belga del RWD Molenbeek, pareggiando due volte (1-1 in Belgio e 0-0 al San Mamés) e passando il turno per la vecchia regola dei gol fuori casa. L’Athletic raggiunse così la prima finale europea della sua lunga storia. Di fronte, la Juventus tutta italiana guidata da Trapattoni, alla ricerca del primo successo continentale.

L’andata non sorrise ai baschi, che persero di misura a Torino con gol decisivo di Marco Tardelli. Nella partita di ritorno, insieme a Dani, Amorrortu ed Irureta, Rojo fu tra i più attivi. Al minuto 54, proprio da un suo calcio d’angolo battuto da destra, Carlos segnò il 2-1 definitivo per l’Athletic. Se in semifinale i gol in trasferta avevano sorriso all’Athletic, purtroppo il gol in di Bettega al San Mamés fu determinante per l’assegnazione del trofeo, che prese la strada di Torino. Alla fine, come da tradizione, molti giocatori si scambiarono la maglia mentre Txetxu Rojo, fiero e presumibilmente incazzato nero, fu uno dei pochi a non partecipare.



La sconfitta fu bruciante e, probabilmente, le energie negative pesarono non poco anche sulla successiva finale di Copa contro il Betis Balompié (allenato da una ex leggenda dell'Athletic come Rafa Iriondo). L’Athletic andò due volte in vantaggio (reti di Carlos e Dani) ma, durante i tempi supplementari, il Betis pareggiò definitivamente a quattro minuti dalla fine. La sfida si risolse quindi ai rigori: Rojo si presentò sul dischetto per il settimo rigore e portò i suoi all’ottava serie, che purtroppo sarà fatale con l’errore del portiere e capitano Iribar.

Nel 1979 Rojo I rispose alla chiamata della neo ri-nata nazionale dei Paesi Baschi, la Euskal Selezkioa, giocando contro l’Irlanda e contro la Bulgaria, mentre in campionato continuava a sfornare cross invitanti, tant’è che Daniel Ruiz-Bazan “Dani” andò regolarmente in doppia cifra di marcature per otto anni consecutivi e Txetxu lo assistette per sette di questi.

Con l'arrivo di Javier Clemente sulla panchina dei Leones nel 1982, Rojo era oramai diventato una riserva e, a 35 anni, decise di appendere gli scarpini al chiodo. Le malelingue dicono che Clemente, promessa della cantera che dovette ritirarsi giovanissimo per un gravissimo infortunio, faceva molta fatica a relazionarsi con Txetxu, poiché vedeva nel talentuoso esterno ciò che lui stesso avrebbe potuto essere. Detto questo, svariati anni dopo, lo stesso Javier Clemente ha definito Txetxu Rojo come “il miglior giocatore della storia dell’Athletic”.

L’Athletic celebrò il suo ritiro con una partita amichevole il 23 marzo 1982. Clemente giustificò la scelta di disputare quella gara durante il campionato per onorare la carriera di Rojo, «in modo che il tributo non fosse offuscato dalla tristezza dell’addio, soprattutto per Txetxu che ha trascorso quasi tutta la sua vita all’Athletic». Rojo, che peraltro decise di non ricevere alcun compenso per quella partita, scelse come avversario la nazionale inglese, la cui stella era Kevin Keegan e che si preparava agli imminenti campionati del mondo. Txetxu scese in campo con un inusuale numero 10 sulle spalle e dopo 60 minuti fu sostituito e omaggiato con un lungo applauso da parte del San Mamés.



Dopo 541 partite ufficiali e 68 gol nell'arco di 17 stagioni in maglia rojiblanco, l’11 aprile del 1982 al Camp Nou, Rojo entrò in campo al posto di Luis De La Fuente per la sua ultima partita. È stato a lungo il secondo giocatore di sempre con più presenze, dietro soltanto al "Txopo" Iribar -con il quale giocò quasi per tutta la carriera- e, soltanto di recente, è stato superato da Iker Muniain.

Lo stesso "Txopo", spesso di poche parole, descrisse Txetxu Rojo come uno dei migliori giocatori di sempre dell’Athletic e non soltanto per le sue prestazioni, ma anche e soprattutto per il suo sentimento athleticzale: «Ha espresso la passione per l’Athletic fin da piccolo ed e’ stato sempre fedele a questa maglia. È un esempio per tutto quello che rappresenta questa istituzione».

Txetxu di fatto non lasciò l'Athletic, visto che già l'anno successivo fu nominato allenatore delle giovanili. Non ci mise molto ad imparare: già nella stagione 1986/87 divenne allenatore del Bilbao Athletic, allora militante in Segunda Division. L’anno successivo fu promosso in prima squadra come assistente dell'allenatore Howard Kendall, di cui prese il posto nella stagione 1989/90. Quella stagione però fu tutt'altro che esaltante e, dopo un inizio promettente, la squadra giunse solamente dodicesima, anche se Txetxu iniziò a far giocare stabilmente in prima squadra diversi giovani, tra cui un certo Josu Urrutia.



Ernesto "Txingurri" Valverde, Francisco "Txetxu" Rojo e Josè Angel "el Txopo" Iribar


L’anno successivo passò al Celta, che era appena retrocesso in Segunda e che condusse immediatamente alla promozione in Liga. Qui pretese e ottenne l'acquisto di un giovane portiere promettente dalla cantera del Real Madrid, Santiago Cañizares. Lo stesso ex portiere ha ricordato recentemente come Txetxu Rojo abbia aiutato la sua famiglia in una situazione davvero critica: «Avevo un problema familiare e rischiavo di perdere la casa a causa di un debito di circa 3 milioni di pesetas (circa 18.000 euro), così chiesi una mano al club, che però rifiutò di aiutarmi. Txetxu lo venne a sapere e, nonostante mi conoscesse appena da qualche settimana, mi chiamò nel suo ufficio per offrirmi un assegno per risolvere la situazione. Non mi disse neanche se e quando avrei dovuto restituirli. Da quel giorno, io bacio ovunque dove passa Txetxu Rojo».

Dopo aver portato il Celta in finale di Copa del Rey nella stagione 1993/94, uscendo sconfitto soltanto ai rigori contro il Real Zaragoza, tra il 1998 e il 2000 ottenne risultati eccellenti con lo stesso Real Zaragoza, arrivando addirittura quarto e dunque garantendosi l'accesso ai preliminari di Champions League; qualificazione che però sfumò perché il Real Madrid, arrivato quinto in campionato, vinse la Champions e le regole di allora non permettevano più di quattro squadre dello stesso paese, relegando così il Zaragoza in Coppa UEFA.

La stagione successiva Txetxu Rojo tornò a casa, all’Athletic, dove fu accolto da eroe dal popolo basco, speranzoso di ritornare ai vertici dopo una brutta stagione. Purtroppo andò male anche stavolta e la squadra chiuse al dodicesimo posto, perdendo addirittura 7-0 al Camp Nou contro i culé, in quella che ancora oggi è la peggior sconfitta subita dell'Athletic nella sua storia ultracentenaria. Pertanto le strade si separarono nuovamente e, ad eccezione di alcune sporadiche apparizioni sulle panchine di Rayo Vallecano e ancora Zaragoza, di fatto questa esperienza chiuse anche la sua carriera di allenatore.



Txetxu ci ha lasciati poco tempo fa, il 23 dicembre del 2022 e il San Mamés, come da sua richiesta, l’ha commemorato con un minuto di applausi (e non di silenzio).

Chiudiamo con una citazione di Dani Ruiz-Bazán, che ha giocato svariati anni con Txetxu ed era con lui in campo anche nella finale di Coppa UEFA persa contro la Juventus: «È uno dei grandi idoli dell’Athletic, uno di quelli che formano la famiglia all’interno di un club. Lodo i suoi valori umani anche più di quelli sportivi. Le gesta sportive sono state straordinarie, ma immagina com’è stata la sua umanità: e’ stata addirittura capace di superarle. È stato un fenomeno, un uomo straordinario, uno di quelli che fanno la differenza in tutto e per tutto».


Autore: Lodovico Monoli

Fonti - Simone Bertelegni “L’utopia calcistica dell’Athletic Bilbao” – Athletic-Club.eus - edesmarque.com - elcorreo.es - magliarossonera.it - elpais.com - cope.es